Una promessa di petali e spine - parte I
Dec. 13th, 2011 02:57 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Una promessa di petali e spine - parte I
Fandom: Axis Powers Hetalia
Prompt: nuvole – pacchetto spazio (hetalia prompt-athon) e fantasy!AU (auvvento, VIII giorno)
Personaggi e pairing: Jeanne d'Arc (qui semplicemente Jeanne) e Francia/Francis Bonnefoy
Rating: PG
Conteggio parole: 1197 (fdp)
Genere: romantico, fantasy, triste
Riassunto: “Mi porterete via con voi, adesso, signor elfo?” chiese dopo qualche istante la ragazza, senza tanti giri di parole.
Francis la guardò stupito, per poi ricordarsi delle leggende che sapeva girare tra gli umani. Sorridendo, scosse la testa.
“Perché mai? Forse non sono bella a sufficienza, per voi?” chiese, il mento alto e spavaldo, come sfidandolo a dire il contrario.
Note: partecipa all'Hetalia prompt-athon 2011 su
hetafic_it e al challenge auvvento su
auverse
Sebbene questa storia sia leggibile e perfettamente comprensibile da sola, è anche una sorta prologo secondario di un'altra longfic che sto scrivendo, "Kingdom for a heart".
Dicevano le storie che gli incontri con elfi e fate avvenissero sempre al tramonto oppure di notte, quando la luna bagnava gentilmente le radure fiorite di ranuncoli o imbiancate dalla neve. Per questo, era da sempre sconsigliato alle giovani vergini di avventurarsi da sole nei boschi, dopo l'imbrunire: gli elfi amavano le fanciulle acerbe e l'innocenza della loro bellezza, e le avrebbero invitate a salire dietro di loro sul dorso dei loro destrieri dal manto color bianco avorio. Non avrebbero più fatto ritorno, dicevano le storie.
Ma non era notte, in quel momento, sebbene il bosco fosse buio ed il sole fosse scomparso.
Erano state le nuvole a rubarselo, nuvole nere e gonfie di pioggia, portate da un vento umido ed impetuoso. I primi tuoni si udivano già in lontananza, e Jeanne si affrettava lungo il sentiero per raggiungere quantomeno uno degli anfratti che sapeva incavate nelle rocce che costeggiavano quella stretta strada montana.
Trovò riparo quando le prime, pesanti gocce avevano già cominciato a piegare le fronde degli alberi, scurendo d'acqua il terreno e i sassi del sentiero.
La ragazza si guardò intorno con una vaga apprensione, dovuta più alla tempesta che non al fatto che si trovasse da sola ed ancora lontana dal villaggio. Erano luoghi tranquilli, non c'erano briganti per quei sentieri, e le uniche raccomandazioni che venivano fatte alle ragazze, quando si allontanavano da casa per raccogliere bacche e mirtilli selvatici, era di tornare prima del tramonto, perché quello era il tempo in cui gli spiriti del bosco uscivano dal fitto dei tronchi per incontrare gli esseri umani.
Ma Jeanne era tranquilla: era da poco passata l'ora di pranzo, e il temporale estivo, sebbene furioso, non sarebbe durato a lungo; sarebbe tornata a casa prima dell'imbrunire. Eppure... eppure il fragore dei tuoni, lo stormire delle fronde e la luce accecante delle saette sembravano ben più spaventosi di qualsiasi incontro
Non era ancora il tramonto, su questo Jeanne non si sbagliava, e, tuttavia, Francis era un elfo particolare.
Vero, da creatura magica qual era, non sempre amava mostrarsi agli umani, specialmente durante il giorno. Ma con il vento e la burrasca che c'erano, si era detto, sarebbe stato difficile incontrarne qualcuno, per quei sentieri impervi.
Francis amava il vento e la pioggia, le nubi scure che si rincorrevano nel cielo e brillavano di saette e fulmini, così come amava la luce del sole, la rugiada, la bruma dell'alba e le nuvole dorate del tramonto. Tutto era bello per Francis, che sorrideva nella pioggia, mentre camminava gustandosi l'odore saturo del vento, le ciocche bionde e bagnate che gli coprivano la fronte.
Non stava prestando particolare attenzione a dove andava, in quel momento, si lasciava spingere in avanti dal soffio del vento e ne seguiva il canto, ritmando il suo passo alla sua velocità.
Poi, ad un tratto, sentì un'esclamazione soffocata. Si voltò, sorpreso, e vide qualcosa che non si aspettava di vedere: una ragazzina, in piedi contro la parete di roccia, avvolta in uno scialle di lana. Tra le braccia stringeva un cesto di vimini ricoperto da una tovaglia ricamata, e i suoi capelli biondi erano scompigliati dal vento.
“Venite a ripararvi, signore! Non è saggio rimanere in mezzo al temporale!” gli stava gridando lei, la voce fragile che lottava contro il fragore del vento.
Per qualche istante, Francis fu in dubbio se fermarsi, accogliendo il suo invito, o se proseguire – si stava godendo la sua bella passeggiata nel temporale, in fondo. Ma l'esitazione durò solo un momento. Gli occhi preoccupati e le bionde ciocche di lei, quel rossore sulle sue guance ancora piene ed infantili, il suo modo di protendere la mano nella sua direzione, tutto questo decise per lui.
Francis sorrise, chinò il capo in segno di saluto e poggiò la schiena alla roccia, accanto a lei.
“E' meglio che vi ripariate qui, finché non finisce il temporale.” disse lei, che ora non aveva più bisogno di urlare, stringendosi al petto gracile il suo prezioso cesto di vimini.
“Sono lusingato della vostra preoccupazione per me, bella fanciulla, ma non dovreste darvi pensiero per me. Tuttavia...” Francis sorrise, a vedere che la ragazza puntava su di lui i suoi grandi occhi ancora bambini “...rimarrò qui a tenervi compagnia, finché la tempesta non sarà cessata.”
Jeanne gli sorrise timidamente, e tornò ad osservare la furia della pioggia e del vento che si abbattevano sulla natura a pochi metri da loro.
Nel momento in cui lui si era avvicinato, Jeanne aveva scorto la punta delle orecchie aguzze, semivisibili tra i riccioli dorati e fradici di pioggia dell'uomo accanto a lei, ma non aveva paura. In mezzo al temporale, il tempo sembrava sospeso, tutto attendeva la fine della burrasca e, in quel mentre, sentiva che nemmeno l'elfo poteva farle nulla.
Rimasero fermi ad osservare il diluvio per un tempo indefinibile, zitti, intenti solo a riempirsi orecchie e narici con i rumori e gli odori della natura impazzita.
Il temporale se ne andò, alla fine, lasciandosi dietro solo qualche magro stralcio di nube nel cielo ancora azzurro del pomeriggio.
I due uscirono fiori dall'anfratto di roccia, inspirando a pieni polmoni l'aria fresca, pulita.
“Mi porterete via con voi, adesso, signor elfo?” chiese dopo qualche istante la ragazza, senza tanti giri di parole.
Francis la guardò stupito, per poi ricordarsi delle leggende che sapeva girare tra gli umani. Sorridendo, scosse la testa.
“Perché mai? Forse non sono bella a sufficienza, per voi?” chiese, il mento alto e spavaldo, come sfidandolo a dire il contrario.
“Ma no, certo che no!” Francis era sinceramente divertito dall'impertinenza della giovane “Però vedo che avete con voi questo bel cesto... vostra madre ne farà un dolce, immagino.” disse, sollevando appena la tovaglia che ne ricopriva il contenuto di frutti di bosco. Con la coda dell'occhio, Jeanne si accorse che vi faceva scivolare dentro qualcosa.
“Non vi porterò via con me, ma tornerò per assaggiare una fetta di questo dolce, quando saprete prepararlo con le vostre mani.” le disse lui, sorridendole dolcemente.
Si chinò verso di lei, e le sue labbra sfiorarono la sua guancia; la barba ispida dell'altro la solleticò appena, e Jeanne sorrise.
“Promettete?” gli chiese.
“E' una promessa. Una promessa di petali e spine.” rispose lui. Per un momento, la ragazza credette di scorgere un lampo di tristezza nei suoi occhi.
“Casa mia è per di là!” si affrettò a dire – come l'avrebbe ritrovata, altrimenti? “Lungo il sentiero, superato il bosco d'aceri e...” si era voltata solo il tempo di allungare la mano in quella direzione, ma quando era tornata a girararsi indietro l'elfo era già sparito.
Jeanne si guardò intorno, smarrita, ma lui se n'era andato, svanito sulla scia delle ultime nubi del temporale.
“Cercate di Jeanne! Jeanne, capito?” gridò al bosco, sperando che lui la sentisse.
Era ormai quasi giunta a casa, che si ricordò della cosa che l'elfo aveva nascosto nel suo cesto. Nel togliere la tovaglietta che lo copriva, qualcosa le punse un dito, e Jeanne scoprì una rosa rossa, in mezzo al nero dei mirtilli.
Una promessa di petali e spine.
In quel momento, seppe per certo che l'elfo sarebbe tornato, che questo non era che il primo dei loro molti incontri. Nascose la rosa nella camicia, prima di entrare nel villaggio, non curandosi dei piccoli graffi che il gambo le lasciava sulla pelle tra i seni acerbi; sentiva solo la morbidezza della corolla del fiore sul suo cuore.
Fandom: Axis Powers Hetalia
Prompt: nuvole – pacchetto spazio (hetalia prompt-athon) e fantasy!AU (auvvento, VIII giorno)
Personaggi e pairing: Jeanne d'Arc (qui semplicemente Jeanne) e Francia/Francis Bonnefoy
Rating: PG
Conteggio parole: 1197 (fdp)
Genere: romantico, fantasy, triste
Riassunto: “Mi porterete via con voi, adesso, signor elfo?” chiese dopo qualche istante la ragazza, senza tanti giri di parole.
Francis la guardò stupito, per poi ricordarsi delle leggende che sapeva girare tra gli umani. Sorridendo, scosse la testa.
“Perché mai? Forse non sono bella a sufficienza, per voi?” chiese, il mento alto e spavaldo, come sfidandolo a dire il contrario.
Note: partecipa all'Hetalia prompt-athon 2011 su
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Sebbene questa storia sia leggibile e perfettamente comprensibile da sola, è anche una sorta prologo secondario di un'altra longfic che sto scrivendo, "Kingdom for a heart".
Dicevano le storie che gli incontri con elfi e fate avvenissero sempre al tramonto oppure di notte, quando la luna bagnava gentilmente le radure fiorite di ranuncoli o imbiancate dalla neve. Per questo, era da sempre sconsigliato alle giovani vergini di avventurarsi da sole nei boschi, dopo l'imbrunire: gli elfi amavano le fanciulle acerbe e l'innocenza della loro bellezza, e le avrebbero invitate a salire dietro di loro sul dorso dei loro destrieri dal manto color bianco avorio. Non avrebbero più fatto ritorno, dicevano le storie.
Ma non era notte, in quel momento, sebbene il bosco fosse buio ed il sole fosse scomparso.
Erano state le nuvole a rubarselo, nuvole nere e gonfie di pioggia, portate da un vento umido ed impetuoso. I primi tuoni si udivano già in lontananza, e Jeanne si affrettava lungo il sentiero per raggiungere quantomeno uno degli anfratti che sapeva incavate nelle rocce che costeggiavano quella stretta strada montana.
Trovò riparo quando le prime, pesanti gocce avevano già cominciato a piegare le fronde degli alberi, scurendo d'acqua il terreno e i sassi del sentiero.
La ragazza si guardò intorno con una vaga apprensione, dovuta più alla tempesta che non al fatto che si trovasse da sola ed ancora lontana dal villaggio. Erano luoghi tranquilli, non c'erano briganti per quei sentieri, e le uniche raccomandazioni che venivano fatte alle ragazze, quando si allontanavano da casa per raccogliere bacche e mirtilli selvatici, era di tornare prima del tramonto, perché quello era il tempo in cui gli spiriti del bosco uscivano dal fitto dei tronchi per incontrare gli esseri umani.
Ma Jeanne era tranquilla: era da poco passata l'ora di pranzo, e il temporale estivo, sebbene furioso, non sarebbe durato a lungo; sarebbe tornata a casa prima dell'imbrunire. Eppure... eppure il fragore dei tuoni, lo stormire delle fronde e la luce accecante delle saette sembravano ben più spaventosi di qualsiasi incontro
Non era ancora il tramonto, su questo Jeanne non si sbagliava, e, tuttavia, Francis era un elfo particolare.
Vero, da creatura magica qual era, non sempre amava mostrarsi agli umani, specialmente durante il giorno. Ma con il vento e la burrasca che c'erano, si era detto, sarebbe stato difficile incontrarne qualcuno, per quei sentieri impervi.
Francis amava il vento e la pioggia, le nubi scure che si rincorrevano nel cielo e brillavano di saette e fulmini, così come amava la luce del sole, la rugiada, la bruma dell'alba e le nuvole dorate del tramonto. Tutto era bello per Francis, che sorrideva nella pioggia, mentre camminava gustandosi l'odore saturo del vento, le ciocche bionde e bagnate che gli coprivano la fronte.
Non stava prestando particolare attenzione a dove andava, in quel momento, si lasciava spingere in avanti dal soffio del vento e ne seguiva il canto, ritmando il suo passo alla sua velocità.
Poi, ad un tratto, sentì un'esclamazione soffocata. Si voltò, sorpreso, e vide qualcosa che non si aspettava di vedere: una ragazzina, in piedi contro la parete di roccia, avvolta in uno scialle di lana. Tra le braccia stringeva un cesto di vimini ricoperto da una tovaglia ricamata, e i suoi capelli biondi erano scompigliati dal vento.
“Venite a ripararvi, signore! Non è saggio rimanere in mezzo al temporale!” gli stava gridando lei, la voce fragile che lottava contro il fragore del vento.
Per qualche istante, Francis fu in dubbio se fermarsi, accogliendo il suo invito, o se proseguire – si stava godendo la sua bella passeggiata nel temporale, in fondo. Ma l'esitazione durò solo un momento. Gli occhi preoccupati e le bionde ciocche di lei, quel rossore sulle sue guance ancora piene ed infantili, il suo modo di protendere la mano nella sua direzione, tutto questo decise per lui.
Francis sorrise, chinò il capo in segno di saluto e poggiò la schiena alla roccia, accanto a lei.
“E' meglio che vi ripariate qui, finché non finisce il temporale.” disse lei, che ora non aveva più bisogno di urlare, stringendosi al petto gracile il suo prezioso cesto di vimini.
“Sono lusingato della vostra preoccupazione per me, bella fanciulla, ma non dovreste darvi pensiero per me. Tuttavia...” Francis sorrise, a vedere che la ragazza puntava su di lui i suoi grandi occhi ancora bambini “...rimarrò qui a tenervi compagnia, finché la tempesta non sarà cessata.”
Jeanne gli sorrise timidamente, e tornò ad osservare la furia della pioggia e del vento che si abbattevano sulla natura a pochi metri da loro.
Nel momento in cui lui si era avvicinato, Jeanne aveva scorto la punta delle orecchie aguzze, semivisibili tra i riccioli dorati e fradici di pioggia dell'uomo accanto a lei, ma non aveva paura. In mezzo al temporale, il tempo sembrava sospeso, tutto attendeva la fine della burrasca e, in quel mentre, sentiva che nemmeno l'elfo poteva farle nulla.
Rimasero fermi ad osservare il diluvio per un tempo indefinibile, zitti, intenti solo a riempirsi orecchie e narici con i rumori e gli odori della natura impazzita.
Il temporale se ne andò, alla fine, lasciandosi dietro solo qualche magro stralcio di nube nel cielo ancora azzurro del pomeriggio.
I due uscirono fiori dall'anfratto di roccia, inspirando a pieni polmoni l'aria fresca, pulita.
“Mi porterete via con voi, adesso, signor elfo?” chiese dopo qualche istante la ragazza, senza tanti giri di parole.
Francis la guardò stupito, per poi ricordarsi delle leggende che sapeva girare tra gli umani. Sorridendo, scosse la testa.
“Perché mai? Forse non sono bella a sufficienza, per voi?” chiese, il mento alto e spavaldo, come sfidandolo a dire il contrario.
“Ma no, certo che no!” Francis era sinceramente divertito dall'impertinenza della giovane “Però vedo che avete con voi questo bel cesto... vostra madre ne farà un dolce, immagino.” disse, sollevando appena la tovaglia che ne ricopriva il contenuto di frutti di bosco. Con la coda dell'occhio, Jeanne si accorse che vi faceva scivolare dentro qualcosa.
“Non vi porterò via con me, ma tornerò per assaggiare una fetta di questo dolce, quando saprete prepararlo con le vostre mani.” le disse lui, sorridendole dolcemente.
Si chinò verso di lei, e le sue labbra sfiorarono la sua guancia; la barba ispida dell'altro la solleticò appena, e Jeanne sorrise.
“Promettete?” gli chiese.
“E' una promessa. Una promessa di petali e spine.” rispose lui. Per un momento, la ragazza credette di scorgere un lampo di tristezza nei suoi occhi.
“Casa mia è per di là!” si affrettò a dire – come l'avrebbe ritrovata, altrimenti? “Lungo il sentiero, superato il bosco d'aceri e...” si era voltata solo il tempo di allungare la mano in quella direzione, ma quando era tornata a girararsi indietro l'elfo era già sparito.
Jeanne si guardò intorno, smarrita, ma lui se n'era andato, svanito sulla scia delle ultime nubi del temporale.
“Cercate di Jeanne! Jeanne, capito?” gridò al bosco, sperando che lui la sentisse.
Era ormai quasi giunta a casa, che si ricordò della cosa che l'elfo aveva nascosto nel suo cesto. Nel togliere la tovaglietta che lo copriva, qualcosa le punse un dito, e Jeanne scoprì una rosa rossa, in mezzo al nero dei mirtilli.
Una promessa di petali e spine.
In quel momento, seppe per certo che l'elfo sarebbe tornato, che questo non era che il primo dei loro molti incontri. Nascose la rosa nella camicia, prima di entrare nel villaggio, non curandosi dei piccoli graffi che il gambo le lasciava sulla pelle tra i seni acerbi; sentiva solo la morbidezza della corolla del fiore sul suo cuore.