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Titolo: All'ombra del castello del cielo
(ottavo capitolo)
Parte: 8/8
Beta:
pinkabbestia aka Adrienne Riordan
Fandom: Tsubasa Reservoir Chronicle
Personaggi: Fay D Flourite, Kurogane, Ashura, Yasha-o
Rating: verde per i primi sette capitoli, rosso per gli ultimi due
Genere: fantasy, malinconico, introspettivo, angst
Riassunto: Che cosa hanno fatto Kurogane e Fay per sei mesi nel regno degli Yasha, combattendo ogni notte una battaglia che non era la loro, e aspettando con pazienza (?) il momento in cui avrebbero rivisto Shaoran, Sakura e Mokona?
E soprattutto, che viaggi mentali si sarà fatto Fay in tutto questo tempo visto che, a quanto pare, non conoscendo la lingua non parla con nessuno?!
"Non sapere la lingua è un’ottima ragione per non dover parlare. E non parlare è un sollievo, significa: niente più bugie, nessuna stupida frase di scusa da dover inventare sul momento..."
Note: what if...?, lemon, yaoi
CAPITOLO VIII
Day's dawning, skin’s crawling
Pure morning, pure morning, pure morning
Più tardi, Fay aprì gli occhi e, nel chiarore dell’alba, si ritrovò con la fronte appoggiata alla pelle di Kurogane. Una pelle piena di cicatrici, che mostrava le proprie ferite, sincera come lo era il ninja.
Quella di Fay, invece, era liscia, intatta, senza più nemmeno il tatuaggio di Ashura-o ad offuscarne la perfezione, ma nascondeva un’anima frastagliata e sanguinante… non capiva come il ninja aveva potuto stringerlo a se così forte, quella notte. Come potesse non ripugnargli il contatto fisico con lui.
Era certo che Kurogane sapesse che quella sua pelle morbida altro non era che un rivestimento, un guscio per un seme corrotto…
Per un momento, si era chiesto se il calore che si era sprigionato quella notte fosse stato abbastanza da cauterizzare le sue ferite. Ma le tenebre, ancora una volta, sembravano aver portato
soltanto sogni.
Fay si voltò, e tornò a chiudere gli occhi.
A friend in need’s a friend indeed
A friend who'll tease is better
Our thoughts compressed
Which makes us blessed
And makes for stormy weather
A friend in need’s a friend indeed
A friend who bleeds is better
My friend confessed she passed the test
And we will never sever
Alla luce del sole, la pelle di Fay, di un blu serico nella penombra della notte, era chiara e rosata. Kurogane percorse con lo sguardo il profilo dei suoi fianchi: il mago sembrava dormire, ma sapeva che stava fingendo. Poteva avvertire la tensione dei suoi muscoli sotto l’incarnato candido.
Si sporse su di lui, facendo scorrere le dita di una mano sulle sue natiche, mentre con l’altra afferrava delicatamente i suoi capelli biondi, voltandogli piano la testa all’indietro e depositando un lungo bacio su quel collo magro, provando una certa soddisfazione nel sentire le vene pulsare sempre più forte contro le sue labbra.
Fay non riuscì a muoversi, mentre sentiva le dita di Kurogane accarezzargli l’interno della coscia; il suo cuore batteva furibondo nella gabbia delle costole. Avrebbe voluto fuggire, come lui… ma perché, invece, si ritrovava ad allargare impercettibilmente le gambe, per far sì che quella mano ruvida potesse accarezzarlo meglio…?
Day's dawning, skins crawling
Pure morning, pure morning, pure morning
(Pure morning, Placebo)
>>> <<<
Kurogane non era tipo da sognare spesso. Forse era il suo sonno di ninja (sonno leggero e teso, da cui era anche troppo facile per il guerriero risvegliarsi) che glielo impediva, o forse la maggior parte di ciò che sognava di solito non era così importante da meritare di essere ricordato la mattina dopo.
Ricordava vagamente che in un non breve periodo della sua infanzia le sue notti erano state tormentate dagli incubi. Immagini dei cadaveri dilaniati dei suoi genitori e della sua gente, spaventose apparizioni di oni invincibili e orrendi. Ma quel periodo era finito anni prima, e se sognava i suoi genitori, ora, era per ricordare i luoghi di Suwa dove era scresciuto.
Ma questa volta l’atmosfera era diversa.
Si trovava in una foresta; c’era troppo buio per riuscire a distinguere i contorni di ciò che lo circondava, ma sapeva bene che non avrebbe avuto importanza: era una foresta che avrebbe potuto trovarsi in uno qualsiasi dei mondi che avevano attraversato, come in nessuno di essi. Forse esisteva soltanto dentro la sua testa.
Kurogane si mosse in mezzo a quegli alberi. Non sapeva dove stesse andando, non c’era una direzione che volesse prendere, anche perché in mezzo a quei tronchi neri qualsiasi direzione sembrava condurre ovunque e in nessun luogo. Man mano, però, avanzò con maggior decisione, e man mano, attorno a lui, le foglie degli arbusti del sottobosco cominciarono ad essere illuminate da un tenue chiarore. E più proseguiva, più il chiarore diventava intenso, finché i suoi passi non si arrestarono ai bordi di una radura.
Lo spiazzo era illuminato da una luce rosata; Kurogane alzò il viso e vide che la luna crescente, nel cielo nero e senza stelle, era di un intenso color sangue.
La radura sembrava vuota, ma non lo era. Sapeva che Fay era lì da qualche parte.
Perché aveva intravisto la sua sagoma e i suoi capelli biondi, in mezzo ai rami più bassi.
Era lì perché avvertiva la sua presenza.
Nel buio, lo chiamò in silenzio. Non fu come sussurrare il suo nome, fu piuttosto un protendersi del suo essere in quelle tenebre, alla ricerca di quello dell’altro… ma senza risultato.
Poi, il sogno prese improvvisamente una piega confusa.
Era un lupo e correva agilmente nella foresta, superando le radici contorte con agili salti, e sollevando spruzzi di terriccio con gli artigli che raschiavano il terreno. Era una cacciatore che inseguiva la sua preda.
La luce cremisi della luna bagnava le foglie degli alberi e dei cespugli e si rifletteva nei suoi occhi ferini.
Sentiva la presenza di un nemico sconosciuto.. sì, sapeva che c’era, ma era invisibile, non capiva nemmeno se lo stava inseguendo o se invece era lì in agguato, da qualche parte sul suo percorso.
Ma lui continuò a correre sulle tracce della sua preda.
Si svegliò che era già pomeriggio inoltrato. Sentiva addosso una strano senso di irrequietezza.
Si vestì in fretta, e mentre usciva dalla stanza notò che la finestra della camera del mago era aperta.
Fuori, il paesaggio cominciava a tingersi di rosso e giallo, mentre le foglie degli alberi cadevano, sospinte dal vento lungo le stradine e sopra i tetti delle case.
Fay era fuori, seduto sull’erba, e osservava il cielo autunnale. La brezza gli scompigliava la chioma e lui ne assaporava il profumo in silenzio, aspirando a pieni polmoni la tiepida aria autunnale. Una fogliolina secca volteggiò fino a lui, impigliandosi tra le ciocche di capelli biondi. Il ragazzo se la tolse e la lasciò sul palmo della mano.
Dopo averla osservata per un attimo, soffiò e la fece tornare a volare, seguendo pigramente le sue volute nel vento, per vedere dove andavi a posarsi.
Osservando da lontano l’apparente tranquillità dell’altro, Kurogane capì cos’era quella smania che lo aveva improvvisamente assalito. Era l’impazienza che lo coglieva sempre quando sapeva di stare preparandosi per uno scontro.
Nel buio, Kurogane aveva visto sciogliersi parte del ghiaccio degli occhi celesti di Fay, aveva toccato quel calore nascosto, e che prima aveva potuto solo intuire. Ed era deciso a infrangere una volta per tutte quella barriera trasparente ed opaca allo stesso tempo che si celava nel suo sguardo.
Non importava cosa sarebbe successo da lì in avanti, né quali scelte il mago avesse compiuto.
No, in qualsiasi caso, per quanto difficile sarebbe potuta rivelarsi l’impresa, non si sarebbe arreso. Era una sfida contro qualcosa di sconosciuto e pericoloso, certo, ma quanto più impervia era la strada, tanto più il suo cuore di guerriero ninja era incitato a percorrerla, fino in fondo.
>>> <<<
Quando quella notte e le notti seguenti si trovarono fianco a fianco sul campo di battaglia, i loro movimenti erano fluidi e coordinati come mai lo erano stati prima. O forse la consapevolezza della loro perfetta complementarietà li aveva colpiti, in quell’occasione, per la prima volta.
Certo, erano sempre stati affiatatissimi, in battaglia. E da ciò, seguiva spontanea una domanda: il modo in cui le dita di ognuno di loro percorrevano con sicurezza il corpo dell’altro, il modo in cui i loro respiri riuscivano a sincronizzarsi, l’affiatamento con cui i due amanti sapevano possedersi… non era che la logica conseguenza della loro straordinaria conoscenza fisica reciproca, o era piuttosto il suo spontaneo punto di arrivo, quello di cui i combattimenti armati non erano che il preludio?
Non c’era una vera differenza, tra il combattere armati di spada e frecce contro gli Ashura, nelle lunghe notti di guerra, e gettarsi l’uno tra le braccia dell’altro, quando sorgeva l’alba, ancora sporchi di polvere e di sangue.
Nell’uno e nell’altro caso, era una sfida. La prima li vedeva alleati, la seconda li trovava sia compagni che avversari, in bilico tra il desiderio di condivisione e la distanza che ancora esisteva tra di loro.
Tuttavia, tra i due si era stabilita una specie di tregua armata. Kurogane non avrebbe fatto domande, né Fay si sarebbe sentito bloccato dal terrore di lasciarsi scappare delle risposte. Condividevano una specie di limbo, sospeso in quella routine monotona del combattere/dormire/mangiare/combattere seguendo il ciclo del sole e della luna. Una routine a cui improvvisamente si era aggiunto un elemento nuovo, sorprendente, da esplorare con cautela.
Ma il tempo non era immobile.
Pioveva, mentre l’esercito, nella pianura, si preparava alla battaglia, e gli zoccoli dei cavalli sollevavano piccoli schizzi di fango ad ogni minimo movimento.
Fay si scostò i capelli dal viso. La pioggia sarebbe smessa, una volta arrivati sul castello nel cielo.
Mentre si asciugava l’acqua dalla fronte, vide che il generale Yasha si stava avvicinando a loro.
Fay e Kurogane si raddrizzarono sulla sella, alla presenza del sovrano, ma Yasha-o non sembrava intenzionato ad avere con loro un dialogo formale.
“E’ arrivato chi stavate aspettando.” commentò soltanto, fissando i suoi occhi neri come la pece su di loro. Fay annuì, e lo osservarono allontanarsi in silenzio tra le fila dei suoi soldati, mentre la pioggia scrosciava impietosa su di loro.
Ciò voleva dire che la piuma sarebbe a breve tornata tra le mani della sua legittima proprietaria… e quindi, che presto tutto sarebbe finito…
Beh, non proprio. Presto, tutto sarebbe andato avanti.
E, finalmente, dopo mesi e mesi in cui i loro pensieri e le loro preoccupazioni non si erano mai stancati di andare a loro, tra le incertezze e le insidie di quel viaggio tra le dimensioni, quella notte li videro. Dall’alto della rupe dove affiancavano il generale, al termine della battaglia, poco prima che la magia del castello li facesse tornare a Yama.
Shaoran e Sakura li osservavano ad occhi sbarrati, del tutto ignari di quanto accadeva nel mondo dove erano appena giunti, e di quanto si celava sotto le apparenze di quella cruenta guerra.
Fay e Kurogane non li salutarono, né diedero segno di riconoscerli. Non era certo il momento appropriato per i convenevoli, la fine di una battaglia.
Poco dopo, l’esercito era di nuovo sotto la pioggia del regno di Yama. Mentre i soldati si disperdevano, tornando ognuno alla propria dimora, anche Kurogane e Fay si avviarono verso casa. Fatta poca strada, però, Fay si accorse che il suo animale, che si era leggermente ferito in battaglia, incespicava leggermente.
“Hyuu, Kuropon, aspetta un momento.. il mio cavallo zoppica un pochino. Fa fatica a camminare in mezzo al fango; non so se è il caso di affaticarlo troppo… non è che mi dai un passaggio sul tuo?”
Il ninja fece fermare il suo destriero con uno sbuffo, e aspettò che Fay salisse in sella dietro di lui.
“Sembra che Shaoran, Sakura e Mokona siano arrivati fin qui sani e salvi - constatò sollevato - Anche se, conoscendo Shaoran, domani notte insisterà per poter partecipare anche lui alla battaglia. Mokona avrà sentito la presenza della piuma, e lui non è certo il tipo da tirarsi indietro di fronte al pericolo, anzi!”
“Dovremo combattere contro di lui.”
“Povero Shaoran! Ci rimarrà sicuramente malissimo”
“Tsk”
Fay sorrise, appoggiandogli una mano sulla spalla “Eheh, se non siamo noi, ad affrontarlo, chissà contro quali soldati sarà costretto a combattere, non è così? Senza contare che i nostri commilitoni si stupirebbero alquanto se ci mettessimo a salutare allegramente un soldato dell’esercito avversario nel bel mezzo della battaglia… ancora ci guardano male dopo tutto il tempo che abbiamo passato qui, figuriamoci cosa succederebbe se familiarizzassimo con il nemico! E questo tutto perché tu sei così scorbutico, Kuropon!” lo stuzzicò.
“E tu saresti quello sociale e simpatico, vero?” grugnì il ninja.
Fay lo ignorò “Inoltre, non sappiamo che accoglienza abbiano riservato loro quegli Ashura. Conoscendolo, domani notte sarà Shaoran a venirci a cercare sul campo per primo…”
“Tsk, il moccioso ha bisogno di essere ancora allenato.”
“Ahahah! Ma certo! E quale allenamento migliore di una battaglia vera in tutto e per tutto?! – Fay sentì un sorriso spontaneo allargarglisi in volto. Kurogane era attaccato al ragazzo, e certamente in quei mesi era stato in apprensione per lui - .. sai, dovevo capire che, sotto questa tua preoccupazione per Shaoran, si celava in realtà un piano per uno dei tuoi allenamenti disumani, Kurowanko!”
“Ma smettila, idiota!”
Fay ridacchiò. Si stavano avvicinando a casa.
…casa. Già, quella che lui stava considerando tale, non era che una delle tante sistemazioni di fortuna che si erano dovuti trovare nelle dimensioni. Avrebbero abbandonato anche quella, con i ricordi che aveva visto nascere.
Chissà, magari, la prossima notte, avrebbe potuto rapire Shaoran, Sakura e Mokona, e sarebbero potuti venire a vivere qui. Magari anche nella foresta insieme agli oni, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quello che li aspettava. Ma certo, come no... Shaoran e gli altri non l’avrebbero permesso, perché il loro desiderio era andare avanti. E lui doveva assecondarli.
…quanti giorni rimanevano, prima del prossimo viaggio? Un paio? Forse tre?
Accanto a loro, scorrevano le facciate delle case, qualche finestra era illuminata dall’interno. Nonostante la pioggia, tutto ciò gli dava un senso di riparo.
Allacciò le braccia attorno ai fianchi di Kurogane.
“Mi raccomando, non essere troppo severo, domani, signor allenatore!”
Kurogane sbuffò.
Fay incrociò le mani sul petto di lui e affondò il viso tra le sue scapole. La stoffa della tunica era carica d’acqua, ma, al di sotto, sentiva il tepore del corpo del ninja.
Lo sconcertò scoprire che avrebbe davvero voluto trattenere presso di sé quel calore, anche se sapeva di non essere in grado di farlo. Sapeva che lo avrebbe perso.
Le bugie e i silenzi in cui si crogiolava non potevano durare per sempre… ma ogni singolo giorno in cui gli erano concessi, poteva fingere che la realtà fosse migliore, e poteva permettere a se stesso di amare i suoi compagni.
Risalì con le labbra fino alla nuca di Kurogane, e ne mordicchiò piano la pelle bagnata.
Restavano ancora un paio di giorni, prima dell’ennesimo salto nel vuoto.

♠ fine ♠
Commentino: yep, è finita! Nessuno ci credeva, ma l'ho finita!
Notare che il primo capitolo l'ho pubblicato su EFP esattamente un anno fa.
Il fatto che abbia pubblicato l'ultimo capitolo oggi in realtà non era voluto, però ci sta bene.. sarà Hitsuzen.. XD
(ottavo capitolo)
Parte: 8/8
Beta:
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Fandom: Tsubasa Reservoir Chronicle
Personaggi: Fay D Flourite, Kurogane, Ashura, Yasha-o
Rating: verde per i primi sette capitoli, rosso per gli ultimi due
Genere: fantasy, malinconico, introspettivo, angst
Riassunto: Che cosa hanno fatto Kurogane e Fay per sei mesi nel regno degli Yasha, combattendo ogni notte una battaglia che non era la loro, e aspettando con pazienza (?) il momento in cui avrebbero rivisto Shaoran, Sakura e Mokona?
E soprattutto, che viaggi mentali si sarà fatto Fay in tutto questo tempo visto che, a quanto pare, non conoscendo la lingua non parla con nessuno?!
"Non sapere la lingua è un’ottima ragione per non dover parlare. E non parlare è un sollievo, significa: niente più bugie, nessuna stupida frase di scusa da dover inventare sul momento..."
Note: what if...?, lemon, yaoi
CAPITOLO VIII
Day's dawning, skin’s crawling
Pure morning, pure morning, pure morning
Più tardi, Fay aprì gli occhi e, nel chiarore dell’alba, si ritrovò con la fronte appoggiata alla pelle di Kurogane. Una pelle piena di cicatrici, che mostrava le proprie ferite, sincera come lo era il ninja.
Quella di Fay, invece, era liscia, intatta, senza più nemmeno il tatuaggio di Ashura-o ad offuscarne la perfezione, ma nascondeva un’anima frastagliata e sanguinante… non capiva come il ninja aveva potuto stringerlo a se così forte, quella notte. Come potesse non ripugnargli il contatto fisico con lui.
Era certo che Kurogane sapesse che quella sua pelle morbida altro non era che un rivestimento, un guscio per un seme corrotto…
Per un momento, si era chiesto se il calore che si era sprigionato quella notte fosse stato abbastanza da cauterizzare le sue ferite. Ma le tenebre, ancora una volta, sembravano aver portato
soltanto sogni.
Fay si voltò, e tornò a chiudere gli occhi.
A friend in need’s a friend indeed
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Which makes us blessed
And makes for stormy weather
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Alla luce del sole, la pelle di Fay, di un blu serico nella penombra della notte, era chiara e rosata. Kurogane percorse con lo sguardo il profilo dei suoi fianchi: il mago sembrava dormire, ma sapeva che stava fingendo. Poteva avvertire la tensione dei suoi muscoli sotto l’incarnato candido.
Si sporse su di lui, facendo scorrere le dita di una mano sulle sue natiche, mentre con l’altra afferrava delicatamente i suoi capelli biondi, voltandogli piano la testa all’indietro e depositando un lungo bacio su quel collo magro, provando una certa soddisfazione nel sentire le vene pulsare sempre più forte contro le sue labbra.
Fay non riuscì a muoversi, mentre sentiva le dita di Kurogane accarezzargli l’interno della coscia; il suo cuore batteva furibondo nella gabbia delle costole. Avrebbe voluto fuggire, come lui… ma perché, invece, si ritrovava ad allargare impercettibilmente le gambe, per far sì che quella mano ruvida potesse accarezzarlo meglio…?
Day's dawning, skins crawling
Pure morning, pure morning, pure morning
(Pure morning, Placebo)
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Kurogane non era tipo da sognare spesso. Forse era il suo sonno di ninja (sonno leggero e teso, da cui era anche troppo facile per il guerriero risvegliarsi) che glielo impediva, o forse la maggior parte di ciò che sognava di solito non era così importante da meritare di essere ricordato la mattina dopo.
Ricordava vagamente che in un non breve periodo della sua infanzia le sue notti erano state tormentate dagli incubi. Immagini dei cadaveri dilaniati dei suoi genitori e della sua gente, spaventose apparizioni di oni invincibili e orrendi. Ma quel periodo era finito anni prima, e se sognava i suoi genitori, ora, era per ricordare i luoghi di Suwa dove era scresciuto.
Ma questa volta l’atmosfera era diversa.
Si trovava in una foresta; c’era troppo buio per riuscire a distinguere i contorni di ciò che lo circondava, ma sapeva bene che non avrebbe avuto importanza: era una foresta che avrebbe potuto trovarsi in uno qualsiasi dei mondi che avevano attraversato, come in nessuno di essi. Forse esisteva soltanto dentro la sua testa.
Kurogane si mosse in mezzo a quegli alberi. Non sapeva dove stesse andando, non c’era una direzione che volesse prendere, anche perché in mezzo a quei tronchi neri qualsiasi direzione sembrava condurre ovunque e in nessun luogo. Man mano, però, avanzò con maggior decisione, e man mano, attorno a lui, le foglie degli arbusti del sottobosco cominciarono ad essere illuminate da un tenue chiarore. E più proseguiva, più il chiarore diventava intenso, finché i suoi passi non si arrestarono ai bordi di una radura.
Lo spiazzo era illuminato da una luce rosata; Kurogane alzò il viso e vide che la luna crescente, nel cielo nero e senza stelle, era di un intenso color sangue.
La radura sembrava vuota, ma non lo era. Sapeva che Fay era lì da qualche parte.
Perché aveva intravisto la sua sagoma e i suoi capelli biondi, in mezzo ai rami più bassi.
Era lì perché avvertiva la sua presenza.
Nel buio, lo chiamò in silenzio. Non fu come sussurrare il suo nome, fu piuttosto un protendersi del suo essere in quelle tenebre, alla ricerca di quello dell’altro… ma senza risultato.
Poi, il sogno prese improvvisamente una piega confusa.
Era un lupo e correva agilmente nella foresta, superando le radici contorte con agili salti, e sollevando spruzzi di terriccio con gli artigli che raschiavano il terreno. Era una cacciatore che inseguiva la sua preda.
La luce cremisi della luna bagnava le foglie degli alberi e dei cespugli e si rifletteva nei suoi occhi ferini.
Sentiva la presenza di un nemico sconosciuto.. sì, sapeva che c’era, ma era invisibile, non capiva nemmeno se lo stava inseguendo o se invece era lì in agguato, da qualche parte sul suo percorso.
Ma lui continuò a correre sulle tracce della sua preda.
Si svegliò che era già pomeriggio inoltrato. Sentiva addosso una strano senso di irrequietezza.
Si vestì in fretta, e mentre usciva dalla stanza notò che la finestra della camera del mago era aperta.
Fuori, il paesaggio cominciava a tingersi di rosso e giallo, mentre le foglie degli alberi cadevano, sospinte dal vento lungo le stradine e sopra i tetti delle case.
Fay era fuori, seduto sull’erba, e osservava il cielo autunnale. La brezza gli scompigliava la chioma e lui ne assaporava il profumo in silenzio, aspirando a pieni polmoni la tiepida aria autunnale. Una fogliolina secca volteggiò fino a lui, impigliandosi tra le ciocche di capelli biondi. Il ragazzo se la tolse e la lasciò sul palmo della mano.
Dopo averla osservata per un attimo, soffiò e la fece tornare a volare, seguendo pigramente le sue volute nel vento, per vedere dove andavi a posarsi.
Osservando da lontano l’apparente tranquillità dell’altro, Kurogane capì cos’era quella smania che lo aveva improvvisamente assalito. Era l’impazienza che lo coglieva sempre quando sapeva di stare preparandosi per uno scontro.
Nel buio, Kurogane aveva visto sciogliersi parte del ghiaccio degli occhi celesti di Fay, aveva toccato quel calore nascosto, e che prima aveva potuto solo intuire. Ed era deciso a infrangere una volta per tutte quella barriera trasparente ed opaca allo stesso tempo che si celava nel suo sguardo.
Non importava cosa sarebbe successo da lì in avanti, né quali scelte il mago avesse compiuto.
No, in qualsiasi caso, per quanto difficile sarebbe potuta rivelarsi l’impresa, non si sarebbe arreso. Era una sfida contro qualcosa di sconosciuto e pericoloso, certo, ma quanto più impervia era la strada, tanto più il suo cuore di guerriero ninja era incitato a percorrerla, fino in fondo.
>>> <<<
Quando quella notte e le notti seguenti si trovarono fianco a fianco sul campo di battaglia, i loro movimenti erano fluidi e coordinati come mai lo erano stati prima. O forse la consapevolezza della loro perfetta complementarietà li aveva colpiti, in quell’occasione, per la prima volta.
Certo, erano sempre stati affiatatissimi, in battaglia. E da ciò, seguiva spontanea una domanda: il modo in cui le dita di ognuno di loro percorrevano con sicurezza il corpo dell’altro, il modo in cui i loro respiri riuscivano a sincronizzarsi, l’affiatamento con cui i due amanti sapevano possedersi… non era che la logica conseguenza della loro straordinaria conoscenza fisica reciproca, o era piuttosto il suo spontaneo punto di arrivo, quello di cui i combattimenti armati non erano che il preludio?
Non c’era una vera differenza, tra il combattere armati di spada e frecce contro gli Ashura, nelle lunghe notti di guerra, e gettarsi l’uno tra le braccia dell’altro, quando sorgeva l’alba, ancora sporchi di polvere e di sangue.
Nell’uno e nell’altro caso, era una sfida. La prima li vedeva alleati, la seconda li trovava sia compagni che avversari, in bilico tra il desiderio di condivisione e la distanza che ancora esisteva tra di loro.
Tuttavia, tra i due si era stabilita una specie di tregua armata. Kurogane non avrebbe fatto domande, né Fay si sarebbe sentito bloccato dal terrore di lasciarsi scappare delle risposte. Condividevano una specie di limbo, sospeso in quella routine monotona del combattere/dormire/mangiare/combattere seguendo il ciclo del sole e della luna. Una routine a cui improvvisamente si era aggiunto un elemento nuovo, sorprendente, da esplorare con cautela.
Ma il tempo non era immobile.
Pioveva, mentre l’esercito, nella pianura, si preparava alla battaglia, e gli zoccoli dei cavalli sollevavano piccoli schizzi di fango ad ogni minimo movimento.
Fay si scostò i capelli dal viso. La pioggia sarebbe smessa, una volta arrivati sul castello nel cielo.
Mentre si asciugava l’acqua dalla fronte, vide che il generale Yasha si stava avvicinando a loro.
Fay e Kurogane si raddrizzarono sulla sella, alla presenza del sovrano, ma Yasha-o non sembrava intenzionato ad avere con loro un dialogo formale.
“E’ arrivato chi stavate aspettando.” commentò soltanto, fissando i suoi occhi neri come la pece su di loro. Fay annuì, e lo osservarono allontanarsi in silenzio tra le fila dei suoi soldati, mentre la pioggia scrosciava impietosa su di loro.
Ciò voleva dire che la piuma sarebbe a breve tornata tra le mani della sua legittima proprietaria… e quindi, che presto tutto sarebbe finito…
Beh, non proprio. Presto, tutto sarebbe andato avanti.
E, finalmente, dopo mesi e mesi in cui i loro pensieri e le loro preoccupazioni non si erano mai stancati di andare a loro, tra le incertezze e le insidie di quel viaggio tra le dimensioni, quella notte li videro. Dall’alto della rupe dove affiancavano il generale, al termine della battaglia, poco prima che la magia del castello li facesse tornare a Yama.
Shaoran e Sakura li osservavano ad occhi sbarrati, del tutto ignari di quanto accadeva nel mondo dove erano appena giunti, e di quanto si celava sotto le apparenze di quella cruenta guerra.
Fay e Kurogane non li salutarono, né diedero segno di riconoscerli. Non era certo il momento appropriato per i convenevoli, la fine di una battaglia.
Poco dopo, l’esercito era di nuovo sotto la pioggia del regno di Yama. Mentre i soldati si disperdevano, tornando ognuno alla propria dimora, anche Kurogane e Fay si avviarono verso casa. Fatta poca strada, però, Fay si accorse che il suo animale, che si era leggermente ferito in battaglia, incespicava leggermente.
“Hyuu, Kuropon, aspetta un momento.. il mio cavallo zoppica un pochino. Fa fatica a camminare in mezzo al fango; non so se è il caso di affaticarlo troppo… non è che mi dai un passaggio sul tuo?”
Il ninja fece fermare il suo destriero con uno sbuffo, e aspettò che Fay salisse in sella dietro di lui.
“Sembra che Shaoran, Sakura e Mokona siano arrivati fin qui sani e salvi - constatò sollevato - Anche se, conoscendo Shaoran, domani notte insisterà per poter partecipare anche lui alla battaglia. Mokona avrà sentito la presenza della piuma, e lui non è certo il tipo da tirarsi indietro di fronte al pericolo, anzi!”
“Dovremo combattere contro di lui.”
“Povero Shaoran! Ci rimarrà sicuramente malissimo”
“Tsk”
Fay sorrise, appoggiandogli una mano sulla spalla “Eheh, se non siamo noi, ad affrontarlo, chissà contro quali soldati sarà costretto a combattere, non è così? Senza contare che i nostri commilitoni si stupirebbero alquanto se ci mettessimo a salutare allegramente un soldato dell’esercito avversario nel bel mezzo della battaglia… ancora ci guardano male dopo tutto il tempo che abbiamo passato qui, figuriamoci cosa succederebbe se familiarizzassimo con il nemico! E questo tutto perché tu sei così scorbutico, Kuropon!” lo stuzzicò.
“E tu saresti quello sociale e simpatico, vero?” grugnì il ninja.
Fay lo ignorò “Inoltre, non sappiamo che accoglienza abbiano riservato loro quegli Ashura. Conoscendolo, domani notte sarà Shaoran a venirci a cercare sul campo per primo…”
“Tsk, il moccioso ha bisogno di essere ancora allenato.”
“Ahahah! Ma certo! E quale allenamento migliore di una battaglia vera in tutto e per tutto?! – Fay sentì un sorriso spontaneo allargarglisi in volto. Kurogane era attaccato al ragazzo, e certamente in quei mesi era stato in apprensione per lui - .. sai, dovevo capire che, sotto questa tua preoccupazione per Shaoran, si celava in realtà un piano per uno dei tuoi allenamenti disumani, Kurowanko!”
“Ma smettila, idiota!”
Fay ridacchiò. Si stavano avvicinando a casa.
…casa. Già, quella che lui stava considerando tale, non era che una delle tante sistemazioni di fortuna che si erano dovuti trovare nelle dimensioni. Avrebbero abbandonato anche quella, con i ricordi che aveva visto nascere.
Chissà, magari, la prossima notte, avrebbe potuto rapire Shaoran, Sakura e Mokona, e sarebbero potuti venire a vivere qui. Magari anche nella foresta insieme agli oni, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quello che li aspettava. Ma certo, come no... Shaoran e gli altri non l’avrebbero permesso, perché il loro desiderio era andare avanti. E lui doveva assecondarli.
…quanti giorni rimanevano, prima del prossimo viaggio? Un paio? Forse tre?
Accanto a loro, scorrevano le facciate delle case, qualche finestra era illuminata dall’interno. Nonostante la pioggia, tutto ciò gli dava un senso di riparo.
Allacciò le braccia attorno ai fianchi di Kurogane.
“Mi raccomando, non essere troppo severo, domani, signor allenatore!”
Kurogane sbuffò.
Fay incrociò le mani sul petto di lui e affondò il viso tra le sue scapole. La stoffa della tunica era carica d’acqua, ma, al di sotto, sentiva il tepore del corpo del ninja.
Lo sconcertò scoprire che avrebbe davvero voluto trattenere presso di sé quel calore, anche se sapeva di non essere in grado di farlo. Sapeva che lo avrebbe perso.
Le bugie e i silenzi in cui si crogiolava non potevano durare per sempre… ma ogni singolo giorno in cui gli erano concessi, poteva fingere che la realtà fosse migliore, e poteva permettere a se stesso di amare i suoi compagni.
Risalì con le labbra fino alla nuca di Kurogane, e ne mordicchiò piano la pelle bagnata.
Restavano ancora un paio di giorni, prima dell’ennesimo salto nel vuoto.
♠ fine ♠
Commentino: yep, è finita! Nessuno ci credeva, ma l'ho finita!
Notare che il primo capitolo l'ho pubblicato su EFP esattamente un anno fa.
Il fatto che abbia pubblicato l'ultimo capitolo oggi in realtà non era voluto, però ci sta bene.. sarà Hitsuzen.. XD