lontano_lontano (
lontano_lontano) wrote2009-09-12 02:02 pm
![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Entry tags:
Demonheart - V. Prince Of The Starlight
Titolo: Demonheart - V. Prince Of The Starlight
Parte: 6/12
Fandom: Tsubasa reservoir Chronicle
Rating: giallo
Genere: drammatico, romantico, fantasy/fantascienza, angst, song-fic
Personaggi: Kurogane, Fay, Gantai (benda-man XD), Kuroparents.. eventuali aggiunte in itinere
Summary: in uno degli innumerevoli pianeti dell'universo, vive la gente del pacifico regno di Suwa, dove un'antica leggenda parla di una minaccia proveniente dalle stelle... nel frattempo, ancora lontana tra le stelle, vola la Cometa Nera.. e io faccio ca****e a scrivere summaries.
Disclaimer: Tsubasa Reservoir Chronicle appartiene alle Clamp, Prophet of the Last Eclipse a Luca Turilli. Io cucio insieme i pezzi.
Note: vd. note all'introduzione
Commenti: shonen-ai, AU, angst, sangue e morte e catastrofi (NB: questa storia NON parla di alieni che attaccano il nostro pianeta Terra ù_ù)
V.
PRINCE OF THE STARLIGHT
Ascoltatela qui!
Star... light... SHINE!
They are coming out from the ice, from the furthest deepest caves
Bringing real pain to all, leading black death to this world...
Creatures born from ancient fears, trapped until this new mystic eclipse...
This new eclipse!
Now they know the ancient legend was not ramblings of old fools
"...when the fireball will so fall, we'll see a black night without moon..."
In the tragic daily events, there's no place for their true love
Love born from seed unknown...Arkan's last pleasure and hope...
Cosmic journey of emotions, between hearts of distant space...
Of distant time...
But the dark fight has to be won if they want to live their lives
To defend their planet Zaephyr from the threat of deathly ice
FROM THIS GODFORSAKEN PLACE
WHERE THE ENEMY HAS NO FACE
I CALL THE MYSTIC STARLIGHT
TO ENLIGHT MY PLANET DAMNED
IN THIS REQUIEM FOR MY LAND
MY PRINCE OF THE STARLIGHT...
STARLGHT!
Kurogane passò diverse giornate nascosto tra i boschi a prendere confidenza con la nuova arma.
Era rimasto a palazzo senza seguire il padre per occuparsi delle questioni del regno e per rimanere vicino a sua madre, la quale, giorno dopo giorno, sembrava sempre più segnata dalla preoccupazione che scaturiva dai suoi sogni; tuttavia, non appena poteva, montava a cavallo e raggiungeva quel bosco in compagnia di Fay.
Quest’ultimo era ben felice di seguirlo: a palazzo non aveva nessuna occupazione particolare, mentre in compagnia di Kurogane, fuori in mezzo a quegli alberi, gli sembrava di avere un senso, anche se quel senso si fosse trovato nel solo starlo a guardare e nello sparare anche lui qualche colpo di tanto in tanto.
Uno di quei pomeriggi, Gantai li stava osservando allontanarsi al galoppo da una delle torri che delimitavano le mura della città.
“Buon pomeriggio, tenente.” fece una voce alle sue spalle.
“Sacerdote Vaikaris, sacerdote Tabkins.” Gantai chinò il capo salutando i due anziani, in segno di deferenza.
Vaikaris scrutò con aria intenta il panorama. “Sembra che sua maestà il principe si intrattenga volentieri con quel giovane straniero, non è così?”
“Sì, è un tipo in gamba.” disse semplicemente Gantai.
“In gamba, davvero? E come mai?”
Gantai fece per rispondere, ma ebbe un attimo di esitazione.
Al momento, la faccenda di quella strana arma era rimasta tra lui, Fay, il principe ed il sovrano. Inoltre, sapeva bene che Kurogane non amava eccessivamente il gruppo dei sacerdoti.
“Beh, si dice, no? E’ uno sveglio, insomma. Non è difficile gradirne la compagnia.”
“Questo è un bene. - sorrise l’anziano – Sai, viviamo in tempi difficili. E’ una fortuna che i nostri sovrani ritengano di potersi fidare di uno straniero, di cui non si conosce nemmeno l’identità… uno che compare nello stesso momento in cui un enorme e sconosciuto oggetto distrugge uno dei nostri villaggi… - il tono di Vaikaris era meditativo, ma a Gantai parve di cogliervi un sottile velo di ironia – Una cosa piuttosto rara, oserei dire. Ma il nostro principe ha sempre avuto una certa passione per il rischio e per i giochi pericolosi…”
“Non si gioca con le profezie!” sibilò a quel punto il vecchietto al suo fianco.
Gantai li osservò, incerto, senza sapere che cosa replicare. Ma Vaikaris continuò il suo monologo, gli occhi sempre persi all’orizzonte.
“E’ un’epoca inquieta, dove si farebbe meglio a tenersi ben stretti le nostre certezze, invece che buttarsi in nuove avventure.”
“Voi ritenete che Fay… che lo straniero sia pericoloso?”
Il sacerdote gli scoccò una lunga occhiata “Io so solo che stanno accadendo fenomeni inusuali, e che una causa, da qualche parte, deve esserci.”
A quel punto, i due sacerdoti proseguirono oltre, e a Gantai non rimase che salutarli con un deferente inchino del busto.
Il giorno dopo – prima di quanto non ci si aspettasse – le sentinelle della città avvistarono il vessillo del re e dei suoi cavalieri, di ritorno alla capitale.
Kurogane e Fay erano nel bosco, e osservavano compiaciuti il risultato dei loro esercizi quotidiani (che in effetti si traducevano in tronchi divelti e ampie zone di bosco distrutte). Erano avvolti in vestiti pesanti; in quegli ultimi giorni, la temperatura era scesa parecchio e il vento gelido non dava un attimo di tregua.
“Beh, caro principe della luce di stelle, si vede proprio che sei nato con le armi in mano.” commentò il biondo, applaudendolo.
“La stessa cosa può dirsi di te.” fu la risposta.
Nonostante le implicazioni di quell’affermazione dessero vita, nella mente di Fay, a pensieri poco piacevoli, la voce del principe non nascondeva un certo riconoscimento delle sue abilità, e il biondo sorrise, prendendolo quasi come un complimento.
Ma Kurogane non aveva certo intenzione di adularlo.
“Non credere che la risposta dell’altro giorno mi basti.” aggiunse, guardandolo diritto negli occhi.
Più che come una minaccia, suonava come una sfida, anche se non era chiaro se la stesse lanciando a Fay o a se stesso.
Un momento dopo udirono lo squillo delle trombe annunciare il rientro del re.
Kurogane fu subito a cavallo, pronto ad andare incontro al padre.
“Va’ pure, io ti seguo. – disse Fay, montando con calma sul suo animale – Non cavalco veloce come te, ti farei rallentare.”
Il principe gli rivolse un ultimo sguardo, prima di lanciare il cavallo al galoppo, e Fay lo seguì con gli occhi mentre spariva tra i tronchi. Lo aveva lasciato andare avanti apposta: quel discorso non sarebbe finito lì, ma per il momento il principe era stato costretto a lasciarlo in sospeso, e per lo straniero era meglio così.
La prima cosa che Kurogane notò, avvistando i cavalieri sulla pianura di fronte a lui, fu che il loro numero era diminuito. Inoltre, la postura di suo padre a cavallo non era eretta come al solito. Spronò il suo animale alla massima velocità, improvvisamente in ansia.
Non appena vide avvicinarsi il cavallo del figlio, il re fermò il suo e scese di sella per salutarlo, ma lo fece con evidente difficoltà.
“Padre!” esclamò Kurogane, scendendo a sua volta.
“C’è stato qualche imprevisto in più.” disse soltanto il re. Sotto l’armatura e la tunica si potevano notare le bende che gli cingevano il torace.
“Ne parleremo poi.” disse il principe aiutandolo a risalire a cavallo.
Il re assentì. “Avverti le guardie che si preparino ad accogliere dei nuovi profughi.” disse soltanto.
Prima di tornare a spronare il cavallo verso la città, Kurogane si girò indietro e vide che Fay li stava raggiungendo. Lo seguì con gli occhi finché non fu vicino, dopodiché voltò il cavallo e si diresse verso la città.
Lo straniero e le cose che voleva dirgli avrebbero dovuto aspettare, per quel giorno.
“Il ghiaccio è avanzato ancora, e molto.” esordì il re, non appena ebbe riunito davanti a sé i sacerdoti ed i capi dell’esercito. Non aveva accettato di farsi medicare, ed era andato diritto nella sala del consiglio. Appariva molto provato dal viaggio, ma nel suo sguardo era chiara la determinazione a non farsi sopraffare dalla stanchezza.
“E’ arrivato fino al fiume. Posso immaginare che, alla velocità con cui avanza, a quest’ora lo abbia già superato.”
“Siete stati attaccati dai nomadi?” chiese Vaikaris, lo sguardo cupo sotto le sopracciglia folte e spioventi.
“No. Appena abbiamo cominciato ad attraversare la zona ghiacciata, abbiamo per forza dovuto rallentare il passo. Ad un tratto, siamo stati investiti da una tempesta di neve, e nel bel mezzo della tormenta, siamo stati circondati da quelli. Erano…”
“Demoni.” suggerì l’anziano capitano accanto a lui.
Il re annuì lentamente “Demoni, immagino che si possa chiamarli così. Sono poco più alti di un essere umano, avvolti da una spessa corazza, con artigli affilati e lunghi più delle nostre spade. Si muovono su quattro zampe, per aver miglior presa sul terreno gelato, e sono dannatamente veloci.
Inutile dire che non avevo mai visto né sentito parlare di nulla del genere: avremmo voluto riuscire a sconfiggerne uno per poterlo esaminare, ma non ce l’abbiamo fatta. – ammise con voce pacata – Le nostre armi non sembravano scalfirli, ed erano abili a sfruttare la tormenta per nascondersi. Siamo stati costretti a battere in ritirata, prima di essere sopraffatti.” Il sovrano non nascose una certa dose di amarezza nella voce. Ammetteva una sconfitta, ma riconosceva anche che il nemico, questa volta, era stato al di là della loro portata.
Avevano mandato alcuni soldati – quelli usciti illesi dallo scontro – ad avvertire del pericolo imminente gli abitanti delle fattorie che sorgevano ai piedi delle montagne.
“Demoni abitanti dei ghiacci…” commentò Vaikaris, quasi incredulo.
“Seguiranno il gelo nella sua avanzata. Non so quanto si espanderà, ma se continuerà alla sua velocità attuale, presto anche la nostra città potrebbe non essere più un luogo sicuro dove rimanere.” disse lentamente il re, osservando gli astanti.
Sua moglie, all’altro capo del lungo tavolo, chinò la testa. Sapeva che sarebbe successo esattamente quello che il suo signore temeva – lo aveva sognato: il ghiaccio sarebbe arrivato alle mura della città, e l’avrebbe intrappolata.
A quel punto, anche tutti gli altri compresero. Suwa non era un grande regno, se non potevano rimanere nella capitale o nelle sue campagne, dove sarebbero andati? E se il ghiaccio non si fosse fermato, e li avesse inseguiti?
“E’ la profezia che si avvera. Il ghiaccio è stato portato dalla cometa, e i mostri sono comparsi insieme al ghiaccio. La cometa è arrivata per distruggere noi e il nostro mondo.” borbottò Tabkins a mezza voce, ma, nel silenzio generale, le sue parole risuonarono come pugnalate.
Era ormai notte quando Kurogane uscì dalle stanze del padre.
Fay emerse dalle ombre del palazzo, un’espressione preoccupata sul viso, e gli si fece incontro. Quando se lo vide davanti, il principe provò un misto di sentimenti diversi: c’era una vaga sensazione di disagio e preoccupazione, come se il ritrovarselo di fronte gli avesse ricordato improvvisamente che tutta quella situazione era misteriosa ed oscura esattamente come lui – anche se il mistero che lo circondava, per il principe, non era solo quello della sua identità.
Ma provò anche sollievo: non l’aveva più visto, da quando se l’era lasciato alle spalle sulla pianura, e ritrovarselo davanti gli fece piacere, in fondo. Del resto, la compagnia di Fay sembrava avere il potere di ricondurlo ai loro problemi e, insieme, di distrarlo da essi.
“Come sta?” chiese lo straniero, riferendosi al re.
“Sta riposando.”
La regina era rimasta accanto al suo letto, a vegliarne il sonno.
“Le ferite sono tanto profonde?”
“Guariranno. Deve riposare.”
Fay annuì. Il problema era: quanto a lungo quella città sarebbe rimasta un posto dove poter riposare al sicuro?
“Mi dispiace per quello che sta succedendo.” disse, lo sguardo fisso a terra.
Kurogane non rispose, continuando a camminare a passo deciso lungo i corridoi.
Fay non ebbe bisogno di guardarlo in volto, per capirne l’espressione: labbra serrate, fronte aggrottata e uno sguardo impavido negli occhi scarlatti.
“Vuoi andare là fuori, vero?”
Il biondo interpretò il silenzio dell’altro come un assenso.
“Là fuori, a vedere se questa può funzionare contro quei demoni.” continuò, tirando fuori la pistola con un sorriso da ‘ti conosco bene, caro Kuropon’.
Finalmente, Kurogane lo guardò.
“…e vengo anch’io.” terminò Fay, rimettendo l’arma nella cintura.
Non ricevette risposta nemmeno questa volta, ma l’espressione del principe divenne tutt’ad un tratto imperscrutabile.
Rimase a fissare lo straniero per un lungo attimo. C’erano un’infinità di domande che avrebbe voluto fargli, ma – realizzò – gli sarebbe stato bene anche rimanere in silenzio, lì, nei corridoi in penombra, a scrutare quegli occhi turchesi.
Sapeva bene di non avere tempo né per l’una, né per l’altra cosa.
“Vado a cercare Gantai. I miei uomini saranno pronti domani mattina presto.”
Fay annuì, e rimase ad ascoltare l’eco dei suoi passi spegnersi tra le pareti silenziose.
La mattina dopo, la signora di Suwa si svegliò prima dell’alba. Nell’oscurità che precede il sorgere del sole, le raffiche di vento gelido avevano dato un po’ di tregua alla città; fuori e dentro le mura del palazzo regnava un profondo silenzio.
Raggiunse il letto dove suo marito stava ancora riposando, e si chinò a svegliarlo, sfiorandogli la guancia con le dita.
“Mi dispiace di averti destato – gli sussurrò – ma credo tu voglia venire a salutare tuo figlio. Potrebbe passare molto, molto tempo, prima che lo rivediamo di nuovo.”
Lui annuì semplicemente, mettendosi lentamente a sedere.
Non disse nulla, ma ebbe l’impressione che quel ‘molto, molto tempo’ potesse significare ‘mai più’.
Bardato dei suoi pesanti abiti invernali, Kurogane scese nel cortile davanti all’armeria, dove i suoi soldati si stavano già riunendo; impegnati a preparare i loro cavalli, lo salutarono con brevi cenni del capo.
Leggermente in disparte, stava Fay, avvolto in un lungo mantello chiaro orlato di pelliccia, intento a scrutare i preparativi degli uomini.
Gantai raggiunse immediatamente il principe per porgergli le briglie della sua cavalcatura, già pronta.
“Maestà… ma lui viene con noi?” domandò titubante, indicando lo straniero che si guardava attorno sorridente per salutare gli altri.
“Sì.”
Gantai aprì la bocca per rispondere, ci ripensò, la richiuse.
La aprì di nuovo, dopo un momento.
“Credete che sia… saggio?”
Kurogane si voltò verso di lui con aria indagatrice. “Eh?”
“Voglio dire… è pericoloso… non sappiamo che cosa ci aspetta.”
“Viene con noi.” tagliò corto Kurogane, lasciando le briglie del suo cavallo nelle mani dell’altro.
Sulla soglia del cortile, aveva scorto le sagome dei suoi genitori.
“Padre, non dovreste…” esordì sollecito Kurogane, raggiungendoli quasi di corsa.
“Non dovrei rimanere qui a guardare mentre mio figlio parte per affrontare dei nemici sconosciuti e pericolosi. – replicò lui pacatamente – Ma ormai, sospetto che tu sia diventato un guerriero più forte di me.”
Nei suoi occhi bruni, era chiaro il desiderio di seguire quei guerrieri fuori dalle mura, verso i boschi irti di insidie.
Ma era anche evidente la consapevolezza di non essere all’altezza di tale compito.
“Tra quattro giorni sarà il tempo dell’eclisse – ricordò la regina al figlio – Fa’ molta attenzione.” Lo guardò come se volesse imprimersi nella mente ogni singolo particolare del suo aspetto.
Kurogane si chinò verso di lei, e la donna si sporse a baciarlo sulla fronte.
Fay si incamminò lentamente verso di loro, timoroso di interrompere il saluto, ma, come lo vide farsi avanti, la regina gli fece cenno di raggiungerli.
“Vi ringrazio dal più profondo del cuore per la vostra generosa ospitalità.” disse il giovane, inchinandosi. La regina gli sorrise teneramente, allungando una mano per accarezzargli una ciocca di capelli biondi.. “Avrai modo di goderne di nuovo, al tuo ritorno.”
Fay annuì, sorridendo con poca convinzione.
“Fate molta attenzione.” disse ancora. Poi, si rivolse a Kurogane. “Ci prenderemo cura di Suwa fino a che non tornerai per governarlo.” gli disse, chinando leggermente il capo in segno di congedo.
Kurogane rispose gravemente al suo saluto, un’improvvisa serietà nei suoi occhi scarlatti. Non sapeva perché, ma il tono della madre lasciava aperti dei sottointesi che tutto sembravano essere, fuorché di buon auspicio.
“Tornerò presto.” promise. Lei gli sorrise, ma non disse nulla.
Alla fine del primo giorno di cavalcata incrociarono il gruppo di soldati e contadini che fuggivano verso la capitale.
Ne approfittarono per farsi raccontare nuove versioni dello scontro con i demoni, e, quando ripartirono la mattina dopo, nella pianura sferzata dal vento, le espressioni dei soldati erano maschere gravi, i volti impegnati a non far trasparire la preoccupazione che li tormentava.
La sera del secondo giorno incontrarono il ghiaccio. Era avanzato anche più in fretta di quanto non avesse previsto il re.
Si accamparono nell’ultimo spiazzo di erba che furono in grado di trovare, e, durante la notte, iniziò a nevicare. La tormenta continuò fino al mattino dopo, ed i soldati ripresero il cammino che era ormai pomeriggio, avanzando lentamente nella neve caduta in abbondanza.
Fay iniziò a rimanere indietro.
Improvvisamente, gli doleva la schiena: la carne gli pizzicava, come se stesse venendo morsa dall’interno da tante piccole bocche invisibili.
Strinse le ginocchia attorno ai fianchi del cavallo, mentre il respiro affaticato gli usciva in piccole nuvole dalle labbra pallide.
Tutt’ad un tratto, avvertì una fitta improvvisa e istintivamente tirò le briglie del destriero per farlo arrestare. Ma quando aprì gli occhi, vide che anche i soldati attorno a lui erano fermi immobili, gli sguardi fissi sulla neve.
Quattro sagome si stagliavano di fronte a loro, ritte tra i tronchi degli alberi spogli. Solo le lunghe code acuminate si muovevano a scatti, impazienti e grigie come il cielo sopra di loro.
I demoni avevano zampe posteriori arcuate e potenti, mentre gli arti anteriori sembravano sottili lame puntate sulla neve. Da sotto la protuberanza ossea che proteggeva il cranio delle creature, baluginavano i riflessi freddi di occhi neri e spietati.
Nel momento in cui Kurogane sfoderò la spada per dare l’ordine di attaccare, i demoni si slanciarono su di loro, sibilando un grido di battaglia tra le zanne aguzze che riempivano le loro fauci.
Fay si piegò in due sulla sella, sopraffatto da una nuova, atroce fitta di dolore.
Sollevò a fatica gli occhi sugli altri, tentando di sfoderare a sua volta la spada che portava cinta in vita.
Le lame dei soldati cozzarono sordamente contro gli enormi artigli dei demoni.
Gantai combatteva in prima linea, a fianco del principe, tenendo un buon ritmo fino a che, complice la neve insidiosa sotto i suoi stivali, fu lì lì per perdere l’equilibrio. Riuscì a non cadere, ma perse la presa sull’arma, che finì lontano, irraggiungibile.
Con movimento repentino, il demone lo scagliò lontano nella neve, e subito gli si avventò addosso per finirlo.
Un attimo dopo, l’aria venne squarciata da un lampo di luce seguito da uno scoppio. Il mostro ora giaceva a terra, in mezzo ad una chiazza di neve sciolta, contorcendosi negli spasmi dell’agonia.
Kurogane voltò la pistola sul secondo demone, che lo fissava immobile, e premette il grilletto, imprimendogli tutta la pressione consentitagli.
Credette perfino di cogliere un guizzo di paura nei suoi occhi, prima che il colpo gli facesse esplodere la testa.
A quel punto, gli altri due demoni si diedero alla fuga, correndo agilmente in mezzo alla neve.
Kurogane fece per spronare il cavallo per inseguirli, ma ci ripensò; erano già svaniti.
Gantai si rialzò lentamente, guardando il suo principe con un misto di timore e gratitudine.
“Speriamo che questo li tenga lontani per un po’…” commentò.
Kurogane era sceso da cavallo.
Due dei soldati che avevano ingaggiato battaglia con i demoni erano feriti, e uno di loro perdeva sangue in abbondanza. Eppure, lo scontro non era durato che pochi attimi.
Coprì con la neve le tracce di sangue.
“Oppure potrebbero tornare con altri amici.” commentò semplicemente.
I soldati si guardarono l’un l’altro, per nulla rassicurati.
Gantai lanciò un’ultima occhiata alla strana arma che Kurogane stava ora riponendo nella cintura, e poi guardò Fay. Il biondo teneva gli occhi bassi, mentre rinfoderava la sua spada lentamente, quasi avesse paura di tagliarsi.
*Next track: Timeless Ocean*
Parte: 6/12
Fandom: Tsubasa reservoir Chronicle
Rating: giallo
Genere: drammatico, romantico, fantasy/fantascienza, angst, song-fic
Personaggi: Kurogane, Fay, Gantai (benda-man XD), Kuroparents.. eventuali aggiunte in itinere
Summary: in uno degli innumerevoli pianeti dell'universo, vive la gente del pacifico regno di Suwa, dove un'antica leggenda parla di una minaccia proveniente dalle stelle... nel frattempo, ancora lontana tra le stelle, vola la Cometa Nera.. e io faccio ca****e a scrivere summaries.
Disclaimer: Tsubasa Reservoir Chronicle appartiene alle Clamp, Prophet of the Last Eclipse a Luca Turilli. Io cucio insieme i pezzi.
Note: vd. note all'introduzione
Commenti: shonen-ai, AU, angst, sangue e morte e catastrofi (NB: questa storia NON parla di alieni che attaccano il nostro pianeta Terra ù_ù)
V.
PRINCE OF THE STARLIGHT
Ascoltatela qui!
Star... light... SHINE!
They are coming out from the ice, from the furthest deepest caves
Bringing real pain to all, leading black death to this world...
Creatures born from ancient fears, trapped until this new mystic eclipse...
This new eclipse!
Now they know the ancient legend was not ramblings of old fools
"...when the fireball will so fall, we'll see a black night without moon..."
In the tragic daily events, there's no place for their true love
Love born from seed unknown...Arkan's last pleasure and hope...
Cosmic journey of emotions, between hearts of distant space...
Of distant time...
But the dark fight has to be won if they want to live their lives
To defend their planet Zaephyr from the threat of deathly ice
FROM THIS GODFORSAKEN PLACE
WHERE THE ENEMY HAS NO FACE
I CALL THE MYSTIC STARLIGHT
TO ENLIGHT MY PLANET DAMNED
IN THIS REQUIEM FOR MY LAND
MY PRINCE OF THE STARLIGHT...
STARLGHT!
Kurogane passò diverse giornate nascosto tra i boschi a prendere confidenza con la nuova arma.
Era rimasto a palazzo senza seguire il padre per occuparsi delle questioni del regno e per rimanere vicino a sua madre, la quale, giorno dopo giorno, sembrava sempre più segnata dalla preoccupazione che scaturiva dai suoi sogni; tuttavia, non appena poteva, montava a cavallo e raggiungeva quel bosco in compagnia di Fay.
Quest’ultimo era ben felice di seguirlo: a palazzo non aveva nessuna occupazione particolare, mentre in compagnia di Kurogane, fuori in mezzo a quegli alberi, gli sembrava di avere un senso, anche se quel senso si fosse trovato nel solo starlo a guardare e nello sparare anche lui qualche colpo di tanto in tanto.
Uno di quei pomeriggi, Gantai li stava osservando allontanarsi al galoppo da una delle torri che delimitavano le mura della città.
“Buon pomeriggio, tenente.” fece una voce alle sue spalle.
“Sacerdote Vaikaris, sacerdote Tabkins.” Gantai chinò il capo salutando i due anziani, in segno di deferenza.
Vaikaris scrutò con aria intenta il panorama. “Sembra che sua maestà il principe si intrattenga volentieri con quel giovane straniero, non è così?”
“Sì, è un tipo in gamba.” disse semplicemente Gantai.
“In gamba, davvero? E come mai?”
Gantai fece per rispondere, ma ebbe un attimo di esitazione.
Al momento, la faccenda di quella strana arma era rimasta tra lui, Fay, il principe ed il sovrano. Inoltre, sapeva bene che Kurogane non amava eccessivamente il gruppo dei sacerdoti.
“Beh, si dice, no? E’ uno sveglio, insomma. Non è difficile gradirne la compagnia.”
“Questo è un bene. - sorrise l’anziano – Sai, viviamo in tempi difficili. E’ una fortuna che i nostri sovrani ritengano di potersi fidare di uno straniero, di cui non si conosce nemmeno l’identità… uno che compare nello stesso momento in cui un enorme e sconosciuto oggetto distrugge uno dei nostri villaggi… - il tono di Vaikaris era meditativo, ma a Gantai parve di cogliervi un sottile velo di ironia – Una cosa piuttosto rara, oserei dire. Ma il nostro principe ha sempre avuto una certa passione per il rischio e per i giochi pericolosi…”
“Non si gioca con le profezie!” sibilò a quel punto il vecchietto al suo fianco.
Gantai li osservò, incerto, senza sapere che cosa replicare. Ma Vaikaris continuò il suo monologo, gli occhi sempre persi all’orizzonte.
“E’ un’epoca inquieta, dove si farebbe meglio a tenersi ben stretti le nostre certezze, invece che buttarsi in nuove avventure.”
“Voi ritenete che Fay… che lo straniero sia pericoloso?”
Il sacerdote gli scoccò una lunga occhiata “Io so solo che stanno accadendo fenomeni inusuali, e che una causa, da qualche parte, deve esserci.”
A quel punto, i due sacerdoti proseguirono oltre, e a Gantai non rimase che salutarli con un deferente inchino del busto.
Il giorno dopo – prima di quanto non ci si aspettasse – le sentinelle della città avvistarono il vessillo del re e dei suoi cavalieri, di ritorno alla capitale.
Kurogane e Fay erano nel bosco, e osservavano compiaciuti il risultato dei loro esercizi quotidiani (che in effetti si traducevano in tronchi divelti e ampie zone di bosco distrutte). Erano avvolti in vestiti pesanti; in quegli ultimi giorni, la temperatura era scesa parecchio e il vento gelido non dava un attimo di tregua.
“Beh, caro principe della luce di stelle, si vede proprio che sei nato con le armi in mano.” commentò il biondo, applaudendolo.
“La stessa cosa può dirsi di te.” fu la risposta.
Nonostante le implicazioni di quell’affermazione dessero vita, nella mente di Fay, a pensieri poco piacevoli, la voce del principe non nascondeva un certo riconoscimento delle sue abilità, e il biondo sorrise, prendendolo quasi come un complimento.
Ma Kurogane non aveva certo intenzione di adularlo.
“Non credere che la risposta dell’altro giorno mi basti.” aggiunse, guardandolo diritto negli occhi.
Più che come una minaccia, suonava come una sfida, anche se non era chiaro se la stesse lanciando a Fay o a se stesso.
Un momento dopo udirono lo squillo delle trombe annunciare il rientro del re.
Kurogane fu subito a cavallo, pronto ad andare incontro al padre.
“Va’ pure, io ti seguo. – disse Fay, montando con calma sul suo animale – Non cavalco veloce come te, ti farei rallentare.”
Il principe gli rivolse un ultimo sguardo, prima di lanciare il cavallo al galoppo, e Fay lo seguì con gli occhi mentre spariva tra i tronchi. Lo aveva lasciato andare avanti apposta: quel discorso non sarebbe finito lì, ma per il momento il principe era stato costretto a lasciarlo in sospeso, e per lo straniero era meglio così.
La prima cosa che Kurogane notò, avvistando i cavalieri sulla pianura di fronte a lui, fu che il loro numero era diminuito. Inoltre, la postura di suo padre a cavallo non era eretta come al solito. Spronò il suo animale alla massima velocità, improvvisamente in ansia.
Non appena vide avvicinarsi il cavallo del figlio, il re fermò il suo e scese di sella per salutarlo, ma lo fece con evidente difficoltà.
“Padre!” esclamò Kurogane, scendendo a sua volta.
“C’è stato qualche imprevisto in più.” disse soltanto il re. Sotto l’armatura e la tunica si potevano notare le bende che gli cingevano il torace.
“Ne parleremo poi.” disse il principe aiutandolo a risalire a cavallo.
Il re assentì. “Avverti le guardie che si preparino ad accogliere dei nuovi profughi.” disse soltanto.
Prima di tornare a spronare il cavallo verso la città, Kurogane si girò indietro e vide che Fay li stava raggiungendo. Lo seguì con gli occhi finché non fu vicino, dopodiché voltò il cavallo e si diresse verso la città.
Lo straniero e le cose che voleva dirgli avrebbero dovuto aspettare, per quel giorno.
“Il ghiaccio è avanzato ancora, e molto.” esordì il re, non appena ebbe riunito davanti a sé i sacerdoti ed i capi dell’esercito. Non aveva accettato di farsi medicare, ed era andato diritto nella sala del consiglio. Appariva molto provato dal viaggio, ma nel suo sguardo era chiara la determinazione a non farsi sopraffare dalla stanchezza.
“E’ arrivato fino al fiume. Posso immaginare che, alla velocità con cui avanza, a quest’ora lo abbia già superato.”
“Siete stati attaccati dai nomadi?” chiese Vaikaris, lo sguardo cupo sotto le sopracciglia folte e spioventi.
“No. Appena abbiamo cominciato ad attraversare la zona ghiacciata, abbiamo per forza dovuto rallentare il passo. Ad un tratto, siamo stati investiti da una tempesta di neve, e nel bel mezzo della tormenta, siamo stati circondati da quelli. Erano…”
“Demoni.” suggerì l’anziano capitano accanto a lui.
Il re annuì lentamente “Demoni, immagino che si possa chiamarli così. Sono poco più alti di un essere umano, avvolti da una spessa corazza, con artigli affilati e lunghi più delle nostre spade. Si muovono su quattro zampe, per aver miglior presa sul terreno gelato, e sono dannatamente veloci.
Inutile dire che non avevo mai visto né sentito parlare di nulla del genere: avremmo voluto riuscire a sconfiggerne uno per poterlo esaminare, ma non ce l’abbiamo fatta. – ammise con voce pacata – Le nostre armi non sembravano scalfirli, ed erano abili a sfruttare la tormenta per nascondersi. Siamo stati costretti a battere in ritirata, prima di essere sopraffatti.” Il sovrano non nascose una certa dose di amarezza nella voce. Ammetteva una sconfitta, ma riconosceva anche che il nemico, questa volta, era stato al di là della loro portata.
Avevano mandato alcuni soldati – quelli usciti illesi dallo scontro – ad avvertire del pericolo imminente gli abitanti delle fattorie che sorgevano ai piedi delle montagne.
“Demoni abitanti dei ghiacci…” commentò Vaikaris, quasi incredulo.
“Seguiranno il gelo nella sua avanzata. Non so quanto si espanderà, ma se continuerà alla sua velocità attuale, presto anche la nostra città potrebbe non essere più un luogo sicuro dove rimanere.” disse lentamente il re, osservando gli astanti.
Sua moglie, all’altro capo del lungo tavolo, chinò la testa. Sapeva che sarebbe successo esattamente quello che il suo signore temeva – lo aveva sognato: il ghiaccio sarebbe arrivato alle mura della città, e l’avrebbe intrappolata.
A quel punto, anche tutti gli altri compresero. Suwa non era un grande regno, se non potevano rimanere nella capitale o nelle sue campagne, dove sarebbero andati? E se il ghiaccio non si fosse fermato, e li avesse inseguiti?
“E’ la profezia che si avvera. Il ghiaccio è stato portato dalla cometa, e i mostri sono comparsi insieme al ghiaccio. La cometa è arrivata per distruggere noi e il nostro mondo.” borbottò Tabkins a mezza voce, ma, nel silenzio generale, le sue parole risuonarono come pugnalate.
Era ormai notte quando Kurogane uscì dalle stanze del padre.
Fay emerse dalle ombre del palazzo, un’espressione preoccupata sul viso, e gli si fece incontro. Quando se lo vide davanti, il principe provò un misto di sentimenti diversi: c’era una vaga sensazione di disagio e preoccupazione, come se il ritrovarselo di fronte gli avesse ricordato improvvisamente che tutta quella situazione era misteriosa ed oscura esattamente come lui – anche se il mistero che lo circondava, per il principe, non era solo quello della sua identità.
Ma provò anche sollievo: non l’aveva più visto, da quando se l’era lasciato alle spalle sulla pianura, e ritrovarselo davanti gli fece piacere, in fondo. Del resto, la compagnia di Fay sembrava avere il potere di ricondurlo ai loro problemi e, insieme, di distrarlo da essi.
“Come sta?” chiese lo straniero, riferendosi al re.
“Sta riposando.”
La regina era rimasta accanto al suo letto, a vegliarne il sonno.
“Le ferite sono tanto profonde?”
“Guariranno. Deve riposare.”
Fay annuì. Il problema era: quanto a lungo quella città sarebbe rimasta un posto dove poter riposare al sicuro?
“Mi dispiace per quello che sta succedendo.” disse, lo sguardo fisso a terra.
Kurogane non rispose, continuando a camminare a passo deciso lungo i corridoi.
Fay non ebbe bisogno di guardarlo in volto, per capirne l’espressione: labbra serrate, fronte aggrottata e uno sguardo impavido negli occhi scarlatti.
“Vuoi andare là fuori, vero?”
Il biondo interpretò il silenzio dell’altro come un assenso.
“Là fuori, a vedere se questa può funzionare contro quei demoni.” continuò, tirando fuori la pistola con un sorriso da ‘ti conosco bene, caro Kuropon’.
Finalmente, Kurogane lo guardò.
“…e vengo anch’io.” terminò Fay, rimettendo l’arma nella cintura.
Non ricevette risposta nemmeno questa volta, ma l’espressione del principe divenne tutt’ad un tratto imperscrutabile.
Rimase a fissare lo straniero per un lungo attimo. C’erano un’infinità di domande che avrebbe voluto fargli, ma – realizzò – gli sarebbe stato bene anche rimanere in silenzio, lì, nei corridoi in penombra, a scrutare quegli occhi turchesi.
Sapeva bene di non avere tempo né per l’una, né per l’altra cosa.
“Vado a cercare Gantai. I miei uomini saranno pronti domani mattina presto.”
Fay annuì, e rimase ad ascoltare l’eco dei suoi passi spegnersi tra le pareti silenziose.
La mattina dopo, la signora di Suwa si svegliò prima dell’alba. Nell’oscurità che precede il sorgere del sole, le raffiche di vento gelido avevano dato un po’ di tregua alla città; fuori e dentro le mura del palazzo regnava un profondo silenzio.
Raggiunse il letto dove suo marito stava ancora riposando, e si chinò a svegliarlo, sfiorandogli la guancia con le dita.
“Mi dispiace di averti destato – gli sussurrò – ma credo tu voglia venire a salutare tuo figlio. Potrebbe passare molto, molto tempo, prima che lo rivediamo di nuovo.”
Lui annuì semplicemente, mettendosi lentamente a sedere.
Non disse nulla, ma ebbe l’impressione che quel ‘molto, molto tempo’ potesse significare ‘mai più’.
Bardato dei suoi pesanti abiti invernali, Kurogane scese nel cortile davanti all’armeria, dove i suoi soldati si stavano già riunendo; impegnati a preparare i loro cavalli, lo salutarono con brevi cenni del capo.
Leggermente in disparte, stava Fay, avvolto in un lungo mantello chiaro orlato di pelliccia, intento a scrutare i preparativi degli uomini.
Gantai raggiunse immediatamente il principe per porgergli le briglie della sua cavalcatura, già pronta.
“Maestà… ma lui viene con noi?” domandò titubante, indicando lo straniero che si guardava attorno sorridente per salutare gli altri.
“Sì.”
Gantai aprì la bocca per rispondere, ci ripensò, la richiuse.
La aprì di nuovo, dopo un momento.
“Credete che sia… saggio?”
Kurogane si voltò verso di lui con aria indagatrice. “Eh?”
“Voglio dire… è pericoloso… non sappiamo che cosa ci aspetta.”
“Viene con noi.” tagliò corto Kurogane, lasciando le briglie del suo cavallo nelle mani dell’altro.
Sulla soglia del cortile, aveva scorto le sagome dei suoi genitori.
“Padre, non dovreste…” esordì sollecito Kurogane, raggiungendoli quasi di corsa.
“Non dovrei rimanere qui a guardare mentre mio figlio parte per affrontare dei nemici sconosciuti e pericolosi. – replicò lui pacatamente – Ma ormai, sospetto che tu sia diventato un guerriero più forte di me.”
Nei suoi occhi bruni, era chiaro il desiderio di seguire quei guerrieri fuori dalle mura, verso i boschi irti di insidie.
Ma era anche evidente la consapevolezza di non essere all’altezza di tale compito.
“Tra quattro giorni sarà il tempo dell’eclisse – ricordò la regina al figlio – Fa’ molta attenzione.” Lo guardò come se volesse imprimersi nella mente ogni singolo particolare del suo aspetto.
Kurogane si chinò verso di lei, e la donna si sporse a baciarlo sulla fronte.
Fay si incamminò lentamente verso di loro, timoroso di interrompere il saluto, ma, come lo vide farsi avanti, la regina gli fece cenno di raggiungerli.
“Vi ringrazio dal più profondo del cuore per la vostra generosa ospitalità.” disse il giovane, inchinandosi. La regina gli sorrise teneramente, allungando una mano per accarezzargli una ciocca di capelli biondi.. “Avrai modo di goderne di nuovo, al tuo ritorno.”
Fay annuì, sorridendo con poca convinzione.
“Fate molta attenzione.” disse ancora. Poi, si rivolse a Kurogane. “Ci prenderemo cura di Suwa fino a che non tornerai per governarlo.” gli disse, chinando leggermente il capo in segno di congedo.
Kurogane rispose gravemente al suo saluto, un’improvvisa serietà nei suoi occhi scarlatti. Non sapeva perché, ma il tono della madre lasciava aperti dei sottointesi che tutto sembravano essere, fuorché di buon auspicio.
“Tornerò presto.” promise. Lei gli sorrise, ma non disse nulla.
Alla fine del primo giorno di cavalcata incrociarono il gruppo di soldati e contadini che fuggivano verso la capitale.
Ne approfittarono per farsi raccontare nuove versioni dello scontro con i demoni, e, quando ripartirono la mattina dopo, nella pianura sferzata dal vento, le espressioni dei soldati erano maschere gravi, i volti impegnati a non far trasparire la preoccupazione che li tormentava.
La sera del secondo giorno incontrarono il ghiaccio. Era avanzato anche più in fretta di quanto non avesse previsto il re.
Si accamparono nell’ultimo spiazzo di erba che furono in grado di trovare, e, durante la notte, iniziò a nevicare. La tormenta continuò fino al mattino dopo, ed i soldati ripresero il cammino che era ormai pomeriggio, avanzando lentamente nella neve caduta in abbondanza.
Fay iniziò a rimanere indietro.
Improvvisamente, gli doleva la schiena: la carne gli pizzicava, come se stesse venendo morsa dall’interno da tante piccole bocche invisibili.
Strinse le ginocchia attorno ai fianchi del cavallo, mentre il respiro affaticato gli usciva in piccole nuvole dalle labbra pallide.
Tutt’ad un tratto, avvertì una fitta improvvisa e istintivamente tirò le briglie del destriero per farlo arrestare. Ma quando aprì gli occhi, vide che anche i soldati attorno a lui erano fermi immobili, gli sguardi fissi sulla neve.
Quattro sagome si stagliavano di fronte a loro, ritte tra i tronchi degli alberi spogli. Solo le lunghe code acuminate si muovevano a scatti, impazienti e grigie come il cielo sopra di loro.
I demoni avevano zampe posteriori arcuate e potenti, mentre gli arti anteriori sembravano sottili lame puntate sulla neve. Da sotto la protuberanza ossea che proteggeva il cranio delle creature, baluginavano i riflessi freddi di occhi neri e spietati.
Nel momento in cui Kurogane sfoderò la spada per dare l’ordine di attaccare, i demoni si slanciarono su di loro, sibilando un grido di battaglia tra le zanne aguzze che riempivano le loro fauci.
Fay si piegò in due sulla sella, sopraffatto da una nuova, atroce fitta di dolore.
Sollevò a fatica gli occhi sugli altri, tentando di sfoderare a sua volta la spada che portava cinta in vita.
Le lame dei soldati cozzarono sordamente contro gli enormi artigli dei demoni.
Gantai combatteva in prima linea, a fianco del principe, tenendo un buon ritmo fino a che, complice la neve insidiosa sotto i suoi stivali, fu lì lì per perdere l’equilibrio. Riuscì a non cadere, ma perse la presa sull’arma, che finì lontano, irraggiungibile.
Con movimento repentino, il demone lo scagliò lontano nella neve, e subito gli si avventò addosso per finirlo.
Un attimo dopo, l’aria venne squarciata da un lampo di luce seguito da uno scoppio. Il mostro ora giaceva a terra, in mezzo ad una chiazza di neve sciolta, contorcendosi negli spasmi dell’agonia.
Kurogane voltò la pistola sul secondo demone, che lo fissava immobile, e premette il grilletto, imprimendogli tutta la pressione consentitagli.
Credette perfino di cogliere un guizzo di paura nei suoi occhi, prima che il colpo gli facesse esplodere la testa.
A quel punto, gli altri due demoni si diedero alla fuga, correndo agilmente in mezzo alla neve.
Kurogane fece per spronare il cavallo per inseguirli, ma ci ripensò; erano già svaniti.
Gantai si rialzò lentamente, guardando il suo principe con un misto di timore e gratitudine.
“Speriamo che questo li tenga lontani per un po’…” commentò.
Kurogane era sceso da cavallo.
Due dei soldati che avevano ingaggiato battaglia con i demoni erano feriti, e uno di loro perdeva sangue in abbondanza. Eppure, lo scontro non era durato che pochi attimi.
Coprì con la neve le tracce di sangue.
“Oppure potrebbero tornare con altri amici.” commentò semplicemente.
I soldati si guardarono l’un l’altro, per nulla rassicurati.
Gantai lanciò un’ultima occhiata alla strana arma che Kurogane stava ora riponendo nella cintura, e poi guardò Fay. Il biondo teneva gli occhi bassi, mentre rinfoderava la sua spada lentamente, quasi avesse paura di tagliarsi.
*Next track: Timeless Ocean*
no subject
no subject
le cazzatei misteri saranno in seguito svelati ù_ùLa trama quanto ad assurdità fa concorrenza a TRC, ma le spiegazioni verranno date ò_òV
no subject
Ehm...intanto a Suwa che fanno? Si allenano nel pattinaggio sul ghiaccio?
Ok, non riesco a fare un commento serio, lo so...ma non posso farci nulla: lo stress mi rende idiota.
*Calpesta un tentacolo angstoso e gli da fuoco*
no subject
Sì, pattinaggio artistico come ti dissi.
no subject
no subject
no subject
Eccolo, mio figlio, il campione mondiale di mancanza di tatto u.u; Lui sì che sa rassicurare le persone *nods* XDDDDD
Sono sempre più curiosa, comunque, e mi unisco a quel mito di Gantai nel lanciare sguardi preoccupati all'indirizzo di Fay :/
no subject
Dopo la fine della storia sarà tutto vostro.
no subject
e questo non vuol dire che concilia il sonno*si unisce alla danza generale sul ghiaccio per non pensare all'angst che avanza*
Il malessere di Fay mi preoccupa. Proprio quando incontrano i demoni, che sia legato al tatuaggio? (visto che gli pizzicava la schiena) Mi preoccupano anche le malelingue di palazzo. Vecchie comari, fatevi gli affari vostri!
*vuole la tesserina del Gantai-club!*
Oh, sì, mi auguro che almeno tu darai tutte le spiegazioni del caso! XD
no subject
Per la storia del malessere, ti lascio al nuovo capitolo e ai prossimi ;)
no subject
noooo!! Gantai ha rischiato grosso nell'ultima parte... (tessera del fanclèb anche per me arigatou XD)
l'angst ha raggiunto anche la tua bellissima fic ç_ç *spara a tutto volume horitsuba 4*
p.s. viste le sue capacità con la pistola propongo di rinominare kurogane come kuro-gunner...
*fugge agli antipodi*
no subject
Oddio, mi tocca farlo questo fanclèb insomma.. XDDD
Kuro-gunner mi piace, sìsì. El pistolero.
no subject
Ora va meglio XD
Fay che segue Kuro ovunque ricorda un po' un cagnolino. Fay cagnetto non è una cosa così improbabile ma... meglio tenerla fuori dall'anticamera del cervello.L'orario mi fa sparare cazzate.
E ridanghete con quei vecchi bavosi*odio profondo* Veramente, odio sempre i vecchi che parlano che loro sanno tutto, che i giovani sono nel torto, che tanto tutto morirà e loro l'avevano detto che veniva l'apocalisse! Ma certo, ben venga l'apocalisse ma solo per voi!>O<
E Gantai... Se ci credi non sai che ti posso fare... Ti riduco a garza sterile! çOç
Il ghiaccio, i demoni.Tutto dopo diventa scorrevole, diventa fantasy da mangiare e che proprio mi prende *rilegge e si obbliga a staccarsi perchè è davvero troppo tardi*
Mi dispiace per il Kuropapy ç_ç Non bisogna farlo uscire di casa, lo dicevo io, vedi!?!
La Kuromamma è dolce.
Dolce, buona e amorosa. Ma sfortunata ad avere tra i piedi quei dannati vecchietti.
Kurofay, a cavallo verso il pooornnnnn! <3
no subject
Mi dispiace per il Kuropapy ç_ç Non bisogna farlo uscire di casa, lo dicevo io, vedi!?!: beh ma almeno è tornato vivo!